Agli amanti del cambiamento (18/6/2023) – Perseo 1
Ebbene sì, signori: il mondo, negli ultimi 20 anni, è tanto, tanto ma tanto cambiato. E noi psicogeografi siamo cambiati insieme a lui. Se vi sembro un bacucco stupito di tanta ovvietà – come potrebbe qualcosa come il mondo non cambiare in 20 anni? – avreste dovuto sentire il tono di un mio cugino, nel marzo del ’20, quando, da me interpellato durante un giro di telefonate che dal mio rifugio feci in occasione del primo lockdown, commentò l'estensione di una Zona Rossa a tutta una nazione esclamando “Incredibile!”, probabilmente mentre gli cadeva la mascella di cattedratico – ha una cattedra di Fisica teorica da qualche parte nel mondo. E non pago, drammatizzando il tono già basito e anche un po’ terrorizzato, chiuse la bocca per aggiungere un didascalico “Il mondo è cambiato ancora!” a supporto dell’esordio scontato e infelice.
Bene, oggi, dopo 2 settimane di viaggio, ve lo posso confermare: il mondo è cambiato.
Ma non credete a chi vi dice che il cambiamento epocale, qui in Italia, è stato determinato dalla pandemia del ’20 (come sono vecchio! I miei nonni chiamavano gli anni della loro vita “il ’20” “il ‘16” e così via…)
E’ da scemi pensare in questo modo.
In meno di un minuto, un forte sisma, fa maturare un cambiamento che si preparava da secoli. Il sollevamento delle coste dell’isola di Creta, è determinato da forze geologiche che premevano da centinaia di anni cercando di violare il punto di equilibrio. Il fatto che i minoici videro solamente la terra tremare per un minuto, ignorando tutto quanto accadeva ogni giorno sotto i loro piedi, non cambia nulla: non rende meno scema la fesseria secondo la quale una pandemia ci avrebbe cambiati come società e come individui, né che il paradigma secondo il quale veniamo governati, sia cambiato in conseguenza di una emergenza sanitaria.
E del resto, tra la gestione dell’ultima pandemia e la gestione dell’epidemia di peste (o di vaiolo) ad Atene, durante la guerra del Peloponneso, non è che sia cambiato poi molto. Ti chiudi in casa, eviti i contatti, bruci i morti. Anche gli ateniesi avranno tentato a modo loro di scovare un rimedio –unguenti, fumigazioni, invocazioni. Noi ci abbiamo provato a modo nostro, pasticciando con geni e laboratori. No, da questo punto di vista non è cambiato nulla dai tempi di Pericle. Figuriamoci dal 2003.
Se c’è stato un cambiamento, questo sì effettivo, sia dai tempi della guerra del Peloponneso che da 20 anni fa, bisogna cercarlo nella comunicazione. Gli ateniesi si accorsero dell’epidemia di peste (o di vaiolo) perché la gente moriva per strada. E pur avendola tenuta nascosta durante il conflitto, anche l’epidemia di Spagnola divenne palese e dichiarata, nel ’19, quando "la gente moriva più che durante il conflitto". A noi, del Covid, ce l’ha detto internet. Internet e la televisione, e tutte e due insieme, perché se qualcuno sfugge alla rete, non c’è possibilità di fuga nel rimpallo tra l’una e l’altra. L’abbiamo saputo tutti così, che era in corso una pandemia. O insomma, che c’era un grosso problema e che un organo sovranazionale aveva dichiarato lo “stato di pandemia” – e del resto solo un organo sovranazionale può constatare l’espansione di un evento su tutte le nazioni.
Dunque, il nostro mondo: esiste una parola (pandemia) per definire qualcosa di assolutamente compromettente per individuo e società, e la parola in questione designa una cosa che capita in tutto il mondo e che un singolo umano, col suo bagaglio e i suoi sensi, non può rilevare poiché, strutturalmente, non è attrezzato per indagare tutto il mondo con uno sguardo. Avete capito BENE cosa è cambiato?
Noi psicogeografi non siamo esattamente come i minoici, e già 20 anni fa ci rendevamo ben conto della direzione che il mondo, la convivenza tra gli esseri umani e gli esseri umani stessi, avevano intrapreso.
E tuttavia 20 anni fa non avremmo saputo dipingere questa apocalisse nella quale oggi ci beiamo di navigare. Non siamo minoici, ma nemmeno profeti visionari.
Prima di tutto, il paesaggio. Ci sono pannelli solari ovunque, enormi pale eoliche troneggiano alte sui monti e le antenne, o meglio, i ripetitori, si susseguono a distanza di uno sguardo, peggio che le torri saracene del regno di Napoli, nel ‘500. Per strada ci sono più telecamere che cani, più cani che bambini e la gente va in giro con guanti di plastica a raccogliere la cacca del proprio amico.
Non si finge più, non si affetta cortesia. Ci sono atteggiamenti cui devi conformarti, movimenti da eseguire, immagini da mostrare, sistemi di regole. Nulla di male nelle regole, non fosse che in questo modo/mondo, la complicità muore. In questo mondo così com’è cambiato, non si fanno più incontri. Si stipulano accordi.
Intere aree sono state occupate da cordate di imprese che curano l’intrattenimento. Così capita di vedere scolaresche, o colonie di bambini, caricate sui pullman e portate in montagna dove consumano uno o massimo due generi di intrattenimento. Le persone raggiungono i luoghi dello svago organizzato anche con mezzi propri, ma mai "all’avventura". Vengono a consumare anche loro, gli autonomi, uno o massimo due generi di attività. Per il consumo, le persone, arrivano già attrezzate: c’è tutto un mondo che fabbrica le divise e gli accessori del caso. Vedendoci senza divisa di ordinanza, ieri, due operatori all’ingresso di un parco, si sono interrogati vicendevolmente a riguardo delle nostre identità, concludendo che non eravamo trekker, biker né appassionati del vertical park, ma solo “persone in natura”. Ci sarebbe tutta una analisi a proposito dei sistemi di potere e del meccanismo che include escludendo, la quale analisi partirebbe da Aristotele per arrivare a Hitler e ai giorni nostri, ma non vi voglio annoiare troppo. Potete per comodità pensare al buttafuori sulla porta della discoteca… “tu sì, tu no, tu vatti a cambiare le scarpe…”
Tutti parlano attraverso interfacce digitali, e questa modalità determina anche il modello di comunicazione tra le persone. Questa modalità distorce lo spazio tempo. Lo dico concludendo.
Ma veniamo a quel che più interessa il nostro viaggio: i libri.
Dai libri stanno tutti molto lontano. Tutti.
Abbiamo scoperto che la gente si sente vessata dagli scrittori. Li considera più o meno come piazzisti.
Una ragazza ci ha raccontato che sul posto di lavoro, nell’ultimo anno, ben tre colleghe hanno pubblicato un libro (2 romanzi e una raccolta di aforismi). E che anche sua sorella l’ha fatto.
Un’altra ragazza ci ha raccontato di come sia stata perseguitata dalla segretaria dell’ufficio in cui lavora, affinché comperasse e poi recensisse il suo romanzo.
Il libro, rispetto a 20 anni fa, è un prodotto di consumo in eccedenza.
E gli scrittori? O sono un prodotto, o non esistono più.
Gli scrittori, questo dal senso comune, sono degli stalker. E chi ci riflette un po’ di più è invece spietato, e sostiene che la gente che scrive, tutta, pasticcia proprie fantasie e racconta la sua vita, la quale tra l’altro risulta già del tutto esposta sui social e identica alle altre. E questa è l’altra novità rispetto a 20 anni fa: alla gente non interessa più per niente, neanche malignamente, degli altri. Le persone non ti guardano più, non ti parlano. Hanno paura. Era così anche 20 anni fa. Ma molto, molto di meno. Secondo noi, le persone, non reggono agli spazi e al numero. È questa vertigine sul mondo, sul globo, che svuota spazio e numero di significato. Genera terrore e meccanismi di difesa che si traducono in assenza, indifferenza, autismo.
E dunque queste 85mila novità editoriali annue? Non hanno pubblico. Se non obblighi in qualche maniera il lettore, questo fugge a gambe levate.
E dunque il fenomeno delle 85mila novità annue nel mondo dell’editoria, sarà un fenomeno che interesserà sociologi e psicologi del futuro. Archeologi, forse.
E così, siamo fino ad ora andati di luogo in luogo, sfuggendo la pioggia e gli sguardi malevoli della gente, e i posti migliori dove siamo stati sono quelli abbandonati, disertati, lì dove c’è il nulla e la bellezza, e dove se passano 10 anime, stai sicuro che si fermano sorridendo.
NB
I post di Perseo vengono scritti a penna sul blocco del diario di viaggio (che, state tranquilli, NON diventerà un libro) e battuti al pc e postati appena possibile.
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